Non solo export: il nostro vino crea lavoro

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Verona, 5 apr. - Dal 1995 al 2012, il consumo pro capite di vino in Italia è passato da 55 litri a 39, soprattutto per il cambiamento degli stili di vita e delle diete. Tuttavia l''Italia mantiene ancora la leadership mondiale dei Paesi esportatori di vino con quasi il 22% del mercato globale. Ciò significa che nonostante il calo dei consumi interni, il vino italiano continua a creare imprese e nuovi posti di lavoro. Questo è quanto è emerso alla quarantasettesima edizione di Vinitaly alla Fiera di Verona.

L'intero comparto, indotto compreso, ha infatti raggiunto il valore complessivo di 50 miliardi di euro, con oltre 340 mila imprese coinvolte. Le DOC, le DOP e le DOCG presenti sul territorio italiano hanno raggiunto il numero di 525. L'ottima salute del settore continua ad avere riflessi nell'occupazione: 1,2 milioni di occupati, con un aumento del 50% negli ultimi dieci anni.

 La composizione del dato vede il 25% di giovani; mentre il 30% delle imprese è condotto da donne. Numerose sono inoltre le professionalità: coltivatori, tecnici, agronomi, enologi e anche comunicatori. 

L'incremento delle esportazioni, nel 2012, è stato del 6,5%, nonostante il pessimo andamento climatico. L'incremento dell'export si è diretto soprattutto nel continente asiatico, in Cina (+15%) e in Giappone (+28%), ma anche nei mercati più tradizionali come Stati Uniti (+6%) e Germania (+4%). Complessivamente, tuttavia, le esportazioni interessano ancora prevalentemente il mercato tedesco (6,3 milioni di hl), quello Usa (3 milioni di hl), quello canadese (738 mila hl), seguiti dal Giappone (447 mila hl e dalla Cina (326 mila hl).

Molto apprezzati sono gli spumanti: con 601 milioni di Euro di prodotto esportato nel 2012 (+11,98%); il vini bianchi DOP si attestano a quota 434 milioni (+0,51%), mentre i DOP rossi e rosati hanno raggiunto quota 1.337 milioni (+6,8%).

Questa conversione all'export del prodotto, impone sempre più l'adozione di strategie sinergiche unitarie che superi l'eccessiva frammentazione del settore agricolo in Italia e la competitività esasperata che penalizza i piccoli produttori sui grandi. Inoltre, poiché le dinamiche dell'export si stanno indirizzando verso lo sfruttamento dei mercati di enorme potenzialità quali quello cinese e quello brasiliano, il ruolo determinante dovrà essere giocato sempre più dalla grande distribuzione.

A livello nazionale questo, invece, il mercato si sta orientando sempre più alla qualità del prodotto e anche ciò si traduce inevitabilmente in un panorama produttivo diverso.

(RLNews)