Giornata mondiale degli stagisti, in Italia più sfruttamento che formazione

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Roma, 10 nov. (Giorgia Bonamoneta, Qui Finanza) - Il 10 novembre è la Giornata mondiale degli stagisti, una giornata dedicata a tutti coloro che impegnano il loro tempo tra studio e lavoro. In Italia sono oltre 300mila gli stagisti che vivono tra formazione, precarietà e, purtroppo, lavoro sottopagato.

Lo stage dovrebbe essere un importante ponte tra scuola o università e lavoro, ma in molti casi, e soprattutto in Paesi come l’Italia, la formazione è spesso un modo per mascherare un lavoro pagato male. Gli stage, infatti, sono lavori con poche tutele, compensi bassi e quasi mai una reale formazione lavorativa che porti un riconoscimento futuro nella stessa azienda o fuori.

La Giornata mondiale degli stagisti punta a riconoscere il valore di questa figura e l’importanza che dovrebbe avere una formazione lavorativa e professionalizzante, ma allo stesso tempo serve anche a sensibilizzare sulla tematica dello sfruttamento e di un lavoro sempre troppo povero.

Quanti sono gli stagisti in Italia?
Secondo i dati Excelsior di Unioncamere, nel 2024 erano stati attivati circa 300mila tirocini, di cui il 70% in aziende private. Tra le regioni più dinamiche in tal senso emergono Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna, ma è un fenomeno diffuso in tutto il Paese. Ci sono, ed è giusto ricordarlo, forti disuguaglianze territoriali per opportunità e sfruttamento. Ma chi è lo stagista medio? Sempre dai dati di Unioncamere, scopriamo che è un giovane tra i 20 e i 29 anni, appena diplomato o appena laureato, spesso ancora con una carriera di specializzazione in corso.

La maggior parte dei tirocini attivati sono extracurricolari, cioè che si svolgono al di fuori dell’università o della scuola e rappresentano il primo contatto con il mondo del lavoro. Ogni anno, però, solo 1 stagista su 4 ottiene un contratto dopo il tirocinio. Tutti gli altri ripartono da zero, tra nuovi stage, periodi di inattività o altre attività lavorative che non rientrano nel campo di studi e formazione. Il risultato è una rotazione continuativa di lavoratori formati ma sostituiti, che ha un impatto negativo sulla produzione dell’azienda e spinge moltissimi a una fuga verso l’estero.

Qual è il ruolo degli stagisti nel mercato del lavoro?
Lo stage nasce come uno strumento formativo per imparare e crescere professionalmente. Si tratta di un periodo di tempo limitato che serve all’azienda, sia privata che pubblica, per osservare la persona che ha appena concluso gli studi e permetterle di acquisire nuove competenze. Su carta, lo stage è una prova per poi ottenere un contratto ed entrare ufficialmente nel mondo del lavoro. Tutto molto bello, se non fosse che nella realtà dei fatti lo stage è spesso una facciata per un lavoro in nero.

Il compenso di un lavoro da stagista, infatti, è più basso di quello di un contratto a tempo determinato o indeterminato, perché prevede orari flessibili per proseguire gli studi, un orario di lavoro contenuto e una maggiore attenzione verso la formazione, più che sulla produzione. In tanti, troppi casi, lo stage è invece lavoro sottopagato e senza formazione. Secondo Assolavoro, nelle aziende che gestiscono i tirocini come reali percorsi di crescita, il tasso di assunzione supera il 60%, ma nella maggior parte dei casi gli stagisti vengono impiegati come manodopera temporanea e a basso costo.

La situazione in Italia
La Giornata mondiale degli stagisti serve a far emergere proprio questi fenomeni e ad attuare forme di tutela verso i giovanissimi che per la prima volta entrano nel mondo del lavoro e rischiano così di rimanere scottati. L’Italia è tra i pochi Paesi europei in cui, per esempio, non esiste un sistema nazionale uniforme di tutele. Vuol dire che ogni regione stabilisce regole e importi minimi e spesso le aziende usano i tirocini proprio per coprire quegli stessi ruoli che dovrebbero essere oggetto di un’assunzione regolare. Partendo dal fatto che il datore di lavoro che attiva uno stage risparmia, a perderci sono tutti gli altri. Uno stagista non matura contributi Inps, né ferie o malattie, e quindi mancano anche assicurazioni e benefit.

Quanto prendono davvero gli stagisti?
Il rimborso medio di uno stage in Italia varia tra i 400 e i 600 euro al mese, ma non tutte le regioni lo rendono obbligatorio. Se in Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna è previsto un minimo legale intorno ai 300-500 euro, in molte altre aree del Paese, come purtroppo nel Sud, il compenso è a discrezione dell’ente ospitante. Secondo Repubblica degli Stagisti, uno spazio virtuale nato per approfondire la tematica dello stage in Italia e dare voce agli stagisti, circa un terzo dei tirocinanti non riceve alcun rimborso e solo 1 su 10 riesce a guadagnare più di 700 euro al mese.

Non è così ovunque, anzi, in Europa la situazione è molto diversa. Per esempio, nel Regno Unito il tirocinante è considerato un lavoratore e ha un salario minimo di 10,42 sterline l’ora. In Francia gli stage sono curricolari e, se durano più di due mesi, prevedono almeno 4,35 euro l’ora. In Spagna, infine, gli stagisti godono degli stessi diritti dei lavoratori, inclusi ferie, malattie e benefit, e il loro stipendio è fissato in 1.080 euro al mese per 14 mensilità, come riporta il ministero del Lavoro e dell’Economia. In Italia, invece, gli stipendi troppo bassi non permettono a chi si sta formando di potersi spostare nell’azienda che preferisce, in un territorio nel quale vuole costruire il proprio futuro o semplicemente scegliere tirocini troppo lontani da casa.

Il confine tra precarietà e formazione
Le principali associazioni per i diritti degli stagisti chiedono una riforma nazionale che renda obbligatorio un compenso minimo equo e garantisca tutele previdenziali anche per i tirocini extracurricolari. Nel Pnrr esiste l’impegno formale, confermato anche dal ministero del Lavoro e in scadenza entro il 2026, di un nuovo decreto sul tirocinio extracurricolare. Questo, se venisse discusso e approvato, permetterebbe di uniformare le regole e contrastare i finti stage usati per mascherare il lavoro dipendente. Non c’è ancora una data di discussione, ma secondo le associazioni potrebbe trattarsi di un primo importante passo per riconoscere le vite sospese dietro a quelle che sono solo fredde statistiche del mercato del lavoro.

La Giornata mondiale degli stagisti riaccende ogni anno l’attenzione su quello che è un fenomeno generazionale. Moltissimi tirocinanti sanno di lavorare troppo e di imparare poco, e questo si traduce in una sfiducia nel mercato del lavoro italiano e in una vera e propria fuga di talenti verso l’estero. Con un futuro fatto di carenza di lavoratori, il tema della precarietà di chi si sta formando dovrebbe essere una priorità.

Da: https://quifinanza.it/lavoro/

Fonte foto: Worky.biz