Coronavirus e smart working: controlli solo su Pc e mail aziendali

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Roma, 13 mar. (Qui Finanza) - Coronavirus e smart working, l’accoppiata che mai avremmo voluto sperimentare che invece in questi giorni è diventata parte integrante della nostra vita, scandita dall’emergenza.

In questa occasione, necessario, imposto e caldeggiato dal Governo, per definizione generale lo smart working è una modalità di svolgere il rapporto di lavoro subordinato piuttosto di nicchia che però inizia a prendere piede: in Italia, secondo l’Osservatorio della School of management del Politecnico di Milano nel 2019 ne hanno fruito 570mila lavoratori, con una crescita del 20% rispetto all’anno precedente.

IL CORONAVIRUS CAMBIA IL LAVORO – A spingere ancor di più sull’acceleratore, ci ha purtroppo pensato l’emergenza Coronavirus che tiene in scacco il nostro Paese da oltre due settimane – i cui numeri tra l’altro continuano a salire – cambiando radicalmente le nostre abitudini, compresa la giornata lavorativa di una bella fetta di italiani. Sempre più aziende, dunque, aprono al lavoro agile che potrà essere usato per sei mesi anche senza intese scritte, proprio per rispettare le restrizioni imposte dalla necessità di arginare il contagio.
Così, in tanti in questi giorni, pur senza dimenticare il dramma sanitario, provano a spostare i riflettori su quella che potrebbe diventare una opportunità per il mercato del lavoro.

In senso generale, c’è da sottolineare come lo smart working abbia un impatto sia sui costi aziendali (pensiamo ad esempio a metratura degli uffici e bollette) sia sulla produttività. Guardando la cosa dal punto di vista dei lavoratori, il lavoro agile apre la strada a una migliore conciliazione con la vita privata.
Tutto perfetto? Ovviamente no. C’è da fare i conti con più di un aspetto negativo: percezione di isolamento, maggior distrazione e difficoltà di comunicazione.

Nella circostanza specifica c’è poi un’altra insidia: la velocità con la quale si è dovuto virare nella direzione del lavoro agile potrebbe lasciare il campo a una impreparazione generale nella gestione, in particolare rispetto ai controlli sul lavoratore “furbetto” che possono essere eseguiti a condizione che siano rispettati i limiti fissati dagli articoli 2, 3 e 4 dello Statuto dei lavoratori. Come scrive oggi il Sole 24 Ore.

CONTROLLI VIETATI – A fare da spartiacque l’articolo 4 che fissa un principio rigoroso: sono vietati l’installazione e l’uso di apparecchiature tecnologiche e sistemi in grado di controllare a distanza lo svolgimento dell’attività lavorativa del dipendente, a meno che il ricorso a questi apparecchi non sia prima concordato con un accordo sindacale o sia autorizzato dall’Ispettorato territoriale del lavoro

CONTROLLI AMMESSI – Se però il datore di lavoro ha il fondato sospetto che il dipendente faccia il “furbetto” e commetta degli illeciti, è possibile effettuare controlli mirati, anche a distanza, purchè proporzionati e non invasivi, e soprattutto che riguardino beni aziendali (il Pc fornito dal datore, la casella di posta aziendale) rispetto ai quali il dipendente non ha alcuna “aspettativa di segretezza”che, precisa il quotidiano economico,  deve essere rimossa in anticipo, prima del controllo, chiarendo a tutti che gli strumenti aziendali non possono essere usati per motivi personali perchè potrebbero essere oggetto di indagini aziendali.

Da: www.quifinanza.it

Fonte foto: Videvo