Reddito di cittadinanza, nuove regole: come cambia il sussidio

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Roma, 1 nov. (Qui Finanza) – Il presidente del Consiglio Mario Draghi l’aveva detto con chiarezza e ha mantenuto i suoi propositi: aveva riconosciuto la bontà del presupposto di base al Reddito di Cittadinanza, la lotta alla povertà, ma la misura doveva cambiare. Così è stato.

Nel disegno della Legge di Bilancio, approvato in Cdm, sono stati modificati i criteri per accedere al sussidio, con due obiettivi: operare una stretta su i controlli preventivi sui requisiti e dare una spinta alle politiche attive del lavoro, togliendo l’assegno a chi rifiuta due proposte di occupazione (qui riassunte le nuove condizioni).

Reddito di cittadinanza, nuove regole: chi rischia di perderlo
Nell’anno in corso sono stati 3,8 milioni i destinatari del Rdc, per circa 1,7 milioni di famiglie che hanno ricevuto il sussidio per almeno un mese, con una media di 578 euro ricevuti per 18 mesi (qui abbiamo fatto un quadro della platea di percettori).

La misura bandiera del Movimento 5 stelle, ma osteggiata da molti altri partiti della maggioranza, ha avuto un costo di circa 9 miliardi l’anno, rifinanziata per il 2022 di un altro miliardo di euro per complessivi 8,8 miliardi di risorse (ne avevamo parlato qui).

Reddito di cittadinanza, nuove regole: le condizioni
La procedura di richiesta del Reddito di cittadinanza prevedeva fino ad oggi un’autocertificazione inviata dagli interessati all’Inps, che provvedeva nell’immediato al controllo dei dati Isee e solo successivamente quelli anagrafici e relativi alla residenza, con una verifica a campione dei casellari giudiziari.

La nuova stretta voluta dal governo Draghi stabilisce invece un esame preventivo di tutti i dati da parte dell’Ente di previdenza prima dare il via libera all’erogazione, allargando inoltre il ventaglio di reati per i quali si è esclusi dal sussidio.

Si accorciano i tempi della Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro che va consegnata subito e non entro 30 giorni dal riconoscimento del Reddito.

Ad ogni percettore rimarranno solo due possibilità (dalle tre previste fino ad oggi) di accettare la proposta di lavoro e se non accetta la prima subisce un taglio di 5 euro dell’assegno per ogni mese di mancata occupazione, fino a raggiungere un minimo di 300 euro.

Viene inoltre cambiato il concetto di offerta “congrua”: è ritenuta tale se la prima entro 80 chilometri di distanza dalla residenza e su tutto il territorio nazionale alla seconda.

Per i soggetti che non sono occupabili, che rappresentano i due terzi della platea di beneficiari, le modifiche dell’esecutivo obbligano i Comuni a impiegare nei Puc (Progetti utili alla collettività), i servizi sociali, almeno un terzo dei residenti che percepiscono il sussidio.

Da: www.quifinanza.it

Fonte foto: Affari Italiani