BCE: ridurre ulteriormente le rigidità nei mercati del lavoro

bcerigiditaFrancoforte, 9 ott. (Labitalia) - "Occorre ridurre ulteriormente -fa notare- le rigidità presenti nei mercati del lavoro dell’area dell’euro, al fine di accrescerne la capacità e la velocità di aggiustamento, contribuendo così ad abbattere gli attuali elevati livelli di disoccupazione strutturale". A sottolinearlo, nel bollettino mensile di ottobre, è la stessa Bce.

Sei anni dopo l’inizio della prima recessione dell’area dell’euro, manifestatasi nel secondo trimestre del 2008, l’occupazione nell’area dell'euro, rileva la Bce, "si mantiene su livelli inferiori del 4% circa rispetto al picco pre-crisi; 5,5 milioni di persone hanno perso il posto di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione dell’area, che prima della crisi aveva toccato un minimo del 7,3%, ha un raggiunto un picco del 12% a inizio 2013, mostrando in seguito un calo appena moderato".

Nel complesso, osserva l'Istituto di Francoforte, "la crisi ha colpito più duramente gli uomini, i lavoratori più giovani e quelli meno qualificati. Senza dubbio, la maggiore incidenza sugli uomini rispetto alle donne riflette, in parte, la netta concentrazione della crisi in settori (quali l’industria, le costruzioni, i trasporti) in cui la presenza maschile è tipicamente più elevata, evidenza che si ripete in tutti i paesi e nel corso della crisi".

Dalla scomposizione per età, sottolinea ancora la Bce, "emerge che i giovani lavoratori (con meno di 25 anni) e quelli nel pieno dell’età lavorativa (tra i 25 e i 54 anni) sono stati colpiti in misura considerevolmente superiore rispetto alla manodopera più anziana (dai 55 anni in su)". L'andamento rispecchia probabilmente "anche le vistose difformità istituzionali presenti in alcune economie dell’area, in particolare per quanto riguarda le forti tutele normative riservate ai lavoratori a tempo indeterminato, che scoraggiano la conferma di alcune tra le risorse potenzialmente più flessibili e dinamiche e promuovono la logica secondo cui si licenziano per primi i lavoratori assunti per ultimi".
 
A causa della minore anzianità e della maggiore propensione ad accettare contratti temporanei, sottolinea la Bce, "è probabile che sia stato meno oneroso licenziare i dipendenti più giovani e nel pieno dell’età lavorativa rispetto ai lavoratori più anziani".

Il "rapidissimo incremento della disoccupazione giovanile" registrato nell’arco della crisi, rileva l'Istituto di Francoforte, "è in parte attribuibile anche al fatto che la manodopera di età inferiore ai 25 anni è principalmente rappresentata da lavoratori a tempo determinato, i quali, oltre a essere solitamente più vulnerabili al ciclo rispetto a quelli a tempo indeterminato, hanno subito un numero sproporzionato di licenziamenti durante la crisi". La crescita della disoccupazione giovanile, sottolinea la Bce, "rappresenta una particolare sfida da affrontare per i responsabili delle politiche nell’area dell’euro, poiché prolungati periodi di disoccupazione all’inizio della vita lavorativa dei giovani possono non solo avere un impatto avverso duraturo sulle future prospettive professionali e retributive, ma anche indurli allo scoraggiamento e all’inattività, con ripercussioni sugli andamenti dell’offerta potenziale di lavoro nel più lungo periodo".

Per la Bce, "occorrerà eliminare le pericolose dualità presenti in questi mercati, fra cui norme a tutela dell’occupazione eccessivamente rigide che di fatto riservano opportunità lavorative a quanti sono già inseriti nel mondo del lavoro e riducono così in misura significativa la possibilità per i giovani di competere nel mercato".

Da: www.adnkronos.com